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29 novembre 2021

Proprietà intellettuale e industriale

Un metaverso, due sistemi: introduzione alle opportunità commerciali e profili giuridici in occidente e in Cina

Il metaverso, tecnologia per la realtà virtuale (ed aumentata) condivisa, sta assumendo sempre più importanza in seguito alla recente presentazione di Mark Zuckerberg relativa all’obiettivo di Meta (ex Facebook) di costruire questo nuovo sistema sia per le opportunità commerciali ad esso connesse che per la convergenza con altre piattaforme tecnologiche quali blockchain e 5G.

Introduzione

Sebbene ancora fluido ed incerto, è innegabile come negli ultimi mesi il concetto di metaverso abbia iniziato ad assumere contorni sempre più definiti, mettendo in luce le chiare possibilità di business in serbo per i più ambiziosi players globali. 

Il metaverso, nel senso più ampio del termine, consiste in una infrastruttura digitale basata sulla condivisione di spazi virtuali attraverso alter-ego virtuali. L’obiettivo primario di questa nuova interfaccia digitale è quello di amplificare al massimo l’interazione fra gli utenti attraverso un’identità interamente digitalizzata. In termini più concreti, il metaverso rappresenta il naturale sviluppo ed integrazione delle tecnologie di realtà aumentata e virtuale (AR e VR). 

Il modello che vedrà, con ogni probabilità, maggior diffusione è incentrato sulla creazione di piattaforme digitali, probabilmente basate sulla tecnologia blockchain, che permetteranno agli utenti di creare spazi digitali personalizzati attraverso l’acquisto e lo scambio di oggetti virtuali. Stiamo parlando di possibili mondi in cui tutto ciò che è reale può diventare digitale e prendere forme nuove combinandosi con altri elementi, di fatto permettendo esperienze virtuali non sottoposte ai vincoli fisici del mondo reale. 

Pur non essendo una realtà ancora fruibile, non mancano esempi che lasciano intravedere le enormi possibilità di una simile infrastruttura. Si pensi, ad esempio, all’ascesa del videogioco Fortnite, sviluppato da Epic Games, che nel giro di pochi anni è passato da semplice sparatutto in terza persona a vero e proprio universo digitale popolato da 350 milioni di utenti (di cui il 64% nella fascia 18-25 anni), dove oggetti, accessori e vestiti (le cosiddette “skins”) hanno assunto un ruolo centrale nell’intera esperienza videoludica. In Fortnite gli utenti possono oggi acquistare repliche digitali dei più disparati oggetti prodotti nel mondo reale, dall’alta moda al mondo dei fumetti, dalla musica pop all’abbigliamento sportivo. Si è di fronte ad un vero e proprio aggregatore sociale in cui convergono i più famosi brand che, sfruttando la potenza e l’influenza dei loro marchi, offrono agli utenti la possibilità di personalizzare il proprio avatar con accessori acquistabili nello store della piattaforma attraverso la conversione di denaro reale nella valuta di gioco. Le stesse dinamiche sono presenti sulla piattaforma Roblox, popolata da 43 milioni di utenti, il 67% dei quali ha un’età inferiore ai 16 anni.

L’esperienza offerta da una simile realtà digitale non si limita tuttavia alla semplice personalizzazione della propria controparte digitale, ma è in grado di ridefinire intere dinamiche sociali, trasportando, nel virtuale, esperienze che siamo oggi abituati a vivere nel mondo reale. La pandemia ha sicuramente accelerato questo processo: basti pensare ai concerti di Travis Scott ed Ariana Grande, rispettivamente ospitati su Fortnite e Roblox, che hanno registrato decine di milioni di visitatori, aprendo a possibilità di marketing pressoché infinite. 

Sebbene le realtà appena citate esistano solo in versione desktop – ossia fruibili solo attraverso lo schermo di un PC o di un televisore – la loro transizione verso tecnologie che implicano una realtà virtuale immersiva è ormai imminente. In questo contesto è ovvio che società storicamente attive nella produzione di contenuti potranno avere notevoli vantaggi dall’adozione di massa di questa tecnologia, potendo sfruttare i loro portafogli IP per creare nuovi mondi digitali immersivi, sviluppandoli direttamente o concedendo in licenza i propri contenuti a terzi. Per esempio, Disney potrebbe creare mondi digitali per le serie Star Wars o Marvel, permettendo agli utenti di esplorarne ogni angolo utilizzando l’identità del proprio personaggio preferito. 

La visione di Facebook

In questo senso, la visione più ambiziosa è sicuramente quella di Facebook, di recente ribattezzata Meta Platforms, Inc., che mira a creare un vero e proprio connettore di mondi digitali, un’unica infrastruttura che permetta all’utente di fruire di videogiochi, musica ed intrattenimento offerti da vari sviluppatori pur rimanendo sulla stessa piattaforma digitale. Un contesto digitale reso totalmente immersivo e coinvolgente grazie all’utilizzo di visori per la realtà virtuale (e presto aumentata) della controllata Oculus ed altri device che conferiscono profondità e realisticità ad uno spazio virtuale. 

Per il colosso della Silicon Valley, infatti, il metaverso rappresenta il "prossimo passo nell’evoluzione nella connettività online con persone che vivono, lavorano e interagiscono in un mondo virtuale coinvolgente ed immersivo". Nell’idea del suo fondatore, Mark Zuckerberg, lo scopo di Meta è quello di dar vita ad una vera e propria economia parallela in cui creatori digitali, multinazionali ed artisti possano produrre e vendere le proprie creazioni digitali, mirando ad offrire "un'interoperabilità senza precedenti di risorse e dati". Grazie a tale approccio appare verosimile ritenere che, prima o poi, i più importanti sviluppatori di software (app, giochi, contenuti video e audio) e hardware (quali headsets, visori e reality enhancers) convergano verso l’universo targato Meta, dando vita ad un macro-universo digitale completamente interconnesso ed aperto ad innumerevoli possibilità di business, marketing e raccolta dati. In altre parole, la sensazione è che Meta voglia rendere l’accesso ai diversi mondi digitali, attuali e futuri, semplice e fruibile come è oggi l’accesso ad un sito internet tramite le credenziali di Facebook. 

Non fungible token

Un ruolo di spicco verrà ricoperto dai cosiddetti Non Fungible Token (NFT), dei certificati che attestano l'autenticità, l'unicità e la proprietà di un oggetto digitale (un'immagine, un video, una canzone e così via). Gli NFT vengono registrati in una blockchain e non possono essere scambiati tra loro né copiati, conferendo così unicità ad un determinato prodotto digitale. 

Nonostante la loro dimensione esclusivamente eterea, l'interesse che questi nuovi strumenti digitali hanno suscitato nelle imprese è sicuramente rilevante, soprattutto da un punto di vista di marketing. Finora, la maggior parte delle società che si sono approcciate a questa tecnologia, hanno utilizzato gli NFT per scopi promozionali o per monetizzare le loro risorse creative. In particolare, marchi come Nike, Louis Vuitton e F1 Racing hanno mostrato un crescente interesse per questi oggetti digitali impiegandoli con successo nelle loro campagne promozionali. Un altro esempio importante è Coca-Cola, che da sempre ha utilizzato come strategia di marketing la creazione e vendita di oggetti da collezione nel mondo reale. La società ha di recente lanciato un set di quattro NFT, tra cui una versione pixelata del classico distributore automatico della Coca-Cola del 1956, una giacca rossa ispirata alle vecchie uniformi della società, una versione digitale delle trading cards della Coca-Cola del 1940 e un "visualizzatore di suoni" che riproduce gli iconici suoni legati al consumo di Coca-Cola, quali l'apertura di una bottiglia e il rumore della bibita versata sul ghiaccio. 

Nel mercato dell’arte stiamo invece assistendo ad una esplosione di contenuti digitali spesso venduti a quotazioni record (si pensi all’opera digitale dell’artista Beeple “The First 5000 Days” battuta dalla casa d’aste Christie’s per 69 milioni di dollari). Ad avviso di alcuni esperti saremmo potenzialmente in presenza di una bolla. Tuttavia, non è difficile immaginare come le possibilità offerte da una simile tecnologia possano essere sfruttate a pieno in un universo completamente digitalizzato e dominato da oggetti esistenti esclusivamente in una dimensione virtuale. Si pensi ad esempio alla commercializzazione di collezioni esclusive, accessori in tiratura limitata, opere d’arte: oggetti digitali che diventerebbero effettivamente fruibili nel metaverso dal proprio avatar e resi unici dalla tecnologia NFT. 

L’argomento NFT, nonché i relativi problemi giuridici, saranno oggetto di approfondimento in un altro articolo di questa serie dedicata al metaverso.   

Marchi

Tuttavia, questa meta-transizione porta con sé sfide ben precise sia sul piano economico che su quello giuridico per tutte le società coinvolte. In particolare, il monitoraggio dell'utilizzo dei marchi, la lotta alla contraffazione e al falso verosimile, sono solo alcune delle sfide di un settore ancora imprevedibile. Problemi che potrebbero sorgere anche laddove una società decida di non sbarcare sul metaverso, essendo la sua proprietà intellettuale comunque esposta al commercio digitale ed ai relativi rischi. 

Ciò a maggior ragione se si considera che nelle prime fasi di vita del metaverso, a causa del rapido sviluppo di questa tecnologia, difficilmente vedremo degli impianti regolatori solidi volti a proteggere gli attori coinvolti. È dunque fondamentale per una società che voglia efficacemente sbarcare nel metaverso attuare strategie contrattuali solide e ben congegnate, includendo i possibili risvolti della digitalizzazione dei propri prodotti e servizi nei contratti di licenza, partnership, collaborazione commerciale e franchising.

In generale, è in ogni caso fondamentale che le società interessate ad aprirsi al metaverso, o comunque quelle società i cui marchi possano essere esposti ai rischi generati da questa nuova realtà, inizino a registrare i propri marchi anche per il loro utilizzo in un contesto interamente digitalizzato. Infatti, numerose società hanno già iniziato a registrare i propri marchi presso lo United States Patent & Trademark Office (USPTO) per estendere la protezione anche al meta-utilizzo del loro brand. 

Uno dei primi brand ad ottenere questo tipo di protezione è stato NIKE, registrato nelle sue varie forme (“Nike, “Just Do It”, “Jordan”) dal colosso di Beaverton nel 2019. Dalle domande di registrazione presentate all’UPTSO (nonché alle analoghe autorità di Canada, Svizzera, Singapore e Messico) emergono con chiarezza le categorie di prodotti e servizi in relazione ai quali la società intende utilizzare i suoi famosi marchi, tra cui figurano "beni virtuali scaricabili" (nella classe 9) e "servizi di vendita al dettaglio di beni virtuali" (classe 35). 

Seppure le opportunità in questo nuovo contesto digitale siano ancora incerte ed inesplorate, appare chiaro che, se accompagnata da un’adeguata protezione giuridica, la presenza sul metaverso può rappresentare per una società un’opportunità senza eguali, soprattutto se si considera che i benefici specifici di una simile transizione si articolerebbero almeno su tre livelli: 

  • la possibilità di imprimere con vigore il proprio brand nell’immaginario di una platea composta soprattutto dai più giovani (si pensi al numero di utenti e la relativa età media, già precedentemente menzionate, dei mondi digitali di Fortnite e Roblox), e dunque da futuri consumatori. A questo riguardo segnaliamo la collaborazione tra Nike e Roblox per l’apertura di Nikeland e della probabile partnership tra Adidas e la piattaforma The Sandbox;
  • la vendita di prodotti digitali ad altissimi margini di profitto rispetto a prodotti fisici;
  • la produzione e la commercializzazione di accessori specificamente ideati per visori, headsets ed hardware che consentono un’immersione completa nel metaverso. In questa direzione sembra muoversi soprattutto il settore del lusso, la cui controparte virtuale, secondo Morgan Stanley, vale già oggi circa 50 miliardi di dollari.

Brand campioni del lusso quali Balenciaga e Gucci, parte del gruppo Kering, hanno presentato nella classe 9 dell’UPTSO domande di registrazione dei loro marchi per un loro impiego attraverso “virtual and augmented reality headsets” e “computer softwares” che utilizzano tecnologie di realtà virtuale. 

E ancora, il 10 novembre 2021, Yves Saint Laurent ha depositato, sempre presso l'USPTO, una domanda di registrazione per il logo YSL, nella classe 35, per abbigliamento ed accessori “smart” (la medesima domanda e stata presentata presso l'Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale). Una simile strategia lascia presagire la volontà del brand di sfruttare non solo i benefici digitali del metaverso, ma di approfittare anche della commercializzazione di tutta una serie accessori di nuova generazione, il cui volume d’affari non sarà di certo trascurabile, attraverso l’apposizione del proprio marchio su headsets e visori. Si pensi che, stando a quanto riportato da Cristiano Amon, CEO di Qualcomm (società leader nella produzione di chip avanzati e fornitrice di Meta), il solo visore Oculus Quest 2 avrebbe venduto più di 10 milioni di visori nel solo 2021. 

Il forte posizionamento che si prevede per i marchi di lusso deriva dall’indiscusso successo che hanno riscosso sulle già citate piattaforme Roblox e Fortnite. Gucci, marchio di proprietà Kering, ha infatti lanciato il suo ‘Gucci Garden’ su Roblox, un’installazione pop-up attraverso la quale i milioni di utenti presenti sulla piattaforma hanno potuto immergersi nella visione creativa di Gucci, interagendo e condividendo con la community le numerose creazioni della maison. Agli utenti è stata anche data la possibilità di vincere o acquistare oggetti digitali unicamente pensati per la piattaforma ed indossabili dal proprio avatar, come le borse Dionysus, diventate in poco tempo un fenomeno virale. 

Lo stesso Balenciaga, anch’esso marchio del gruppo Kering, ha collaborato in più occasioni con Epic Games lanciando sia linee d’abbigliamento digitale fruibili sulla piattaforma che merchandising fisico. Infine, registriamo lo sbarco dell’indipendente Moncler su Fortnite con una serie di “skin” ed altri contenuti a tema ispirati alla collezione 6 Moncler 1017 Alyx firmata da Matthew Williams. 

Insomma, il successo digitale ottenuto da questi brand, unito alle possibilità che può garantire un multiverso integrato ed iperconnesso, suggeriscono un futuro incoraggiante per tutti quei player pronti ad esporsi in questa nuova realtà ed a sfruttare la visibilità che una platea composta da decine di milioni di giovani consumatori può offrire.

Cina

Anche la Cina sembra pronta a muovere i primi passi in questa realtà, tanto da istituire un tavolo istituzionale unicamente dedicato al metaverso: il Metaverse Industry Committee, supervisionato in particolare della China Mobile Communications Association (CMCA).

Parlando alla cerimonia inaugurale, l'ex vice ministro della scienza e della tecnologia Wu Zhongze ha esposto la serietà delle intenzioni di Pechino verso un’opportunità seria ed incoraggiante. Ha chiarito che non si tratta di una moda passeggera, ma piuttosto di una tendenza importante da cogliere in linea con la volontà della Cina di imporsi come leader tecnologico globale, sottolineando come il metaverso diventerà il prossimo campo di battaglia per le economie digitali di tutti i paesi. Un’opportunità ancora più interessante per Pechino se si considera che gli immensi flussi di dati coinvolti verranno gestiti centralmente direttamente dalle autorità governative. Di certo i mezzi tecnologici ed economici non mancano, ed anzi la Cina può godere dell’infrastruttura 5G più avanzata al mondo, nonché di tecnologie di cloud gaming di molto superiori a quelle fruibili negli Stati Uniti o in Europa. 

Tuttavia, alcune incertezze riguardano il concreto raggiungimento di un’infrastruttura digitale simile a quella immaginata da Mark Zuckerberg. Se da un lato la Cina gode di un posizionamento strategico nella produzione di hardware e visori necessari per l’implementazione di simili tecnologie, non è ancora chiaro chi sarà chiamato a svolgere quel ruolo di aggregatore e sviluppatore dell’infrastruttura che in occidente verrà verosimilmente ricoperto da Meta. 

È possibile che questo delicato compito verrà assunto dal gigante delle comunicazioni Tencent, proprietario di WeChat, che gode di 1,2 miliardi di utenti, di un’infrastrutture di pagamento digitale impareggiabile e di tecnologie di settore avanzate. Lo stesso presidente Martin Lau si è mostrato fiducioso in un appoggio da parte di Pechino nello sviluppo competitivo di un metaverso interamente cinese, affermando che la società è sicuramente in grado di raccogliere la sfida grazie alla “consolidata esperienza nel settore del gaming e dei social network, con server e intelligenza artificiale in grado di gestire perfettamente grandi flussi di utenti contemporaneamente”. 

Non solo Tencent, lo scorso agosto, ByteDance, ampiamente considerato un altro concorrente nella corsa al metaverso in Cina, ha acquistato la start-up di realtà virtuale Pico Interactive, siglando un accordo del valore di circa 5 miliardi di yuan (772 milioni di dollari), un chiaro segnale di voler partecipare alla corsa al metaverso. 

Per la maggior parte delle aziende cinesi, tuttavia, la tecnologia dietro il metaverso appare ancora molto grezza e sperimentale, come specificato da Mio Kato, fondatore di LightStream Research, società di consulenza finanziaria focalizzata sull'Asia.

Tencent, d’altronde, è ancora indietro rispetto a Sony Group ed Epic Games, gli attuali leader del metaverso, secondo Kato, nonostante possegga ben il 40% di Epic Games ed abbia una partnership con Roblox in Cina. Tuttavia, si tratta verosimilmente di una questione di tempo, e i recenti investimenti, come quello di Tencent in Wave, un organizzatore americano di concerti virtuali, sembrano confermarlo. 

Non solo infrastrutture, in Cina si è anche innescata la corsa alle registrazioni per i marchi riguardanti e recanti la dicitura “Metaverse”. 

Le domande di registrazione dal gruppo NetEase includono combinazioni recanti la parola "metaverse" unita ai marchi di cui la società è proprietaria, come "NetEase metaverse", "Fuxi metaverse" e "Leihuo metaverse". Le domande coprono varie categorie, tra cui la ricerca nel campo del design, i servizi di comunicazione, l'istruzione e l'intrattenimento.

Il motore di ricerca cinese Baidu ha richiesto la registrazione del marchio "metaapp" nelle categorie degli “scientific instruments” e “design research”, stando ai dati forniti da Qichacha. Non a caso, le domande di Baidu sono state depositate il 29 ottobre, il giorno successivo all’annuncio del rebranding di Facebook. Infine, segnaliamo che anche i produttori di auto elettriche XPeng, Li Auto e NIO hanno recentemente depositato domande di registrazione relative a marchi da utilizzare in questo spazio. 

Mentre il metaverso rimane nella sua fase embrionale, l’intenzione delle Big Tech cinesi di lanciarsi nel metaverso è chiara. Qualche incertezza e preoccupazione deriva dalle risposte regolatorie provenienti da Pechino, che potrebbero incidere particolarmente sul funzionamento e sulle dinamiche del metaverso targato Cina. Si ricorderà, ad esempio, la recente decisione di limitare a sole 3 ore a settimana l’utilizzo dei videogiochi ai minori di 18 anni, che costituiscono la platea principale ed il cuore pulsante di realtà come il Metaverse. Inoltre, considerato il rigoroso livello di controllo in merito a ciò che viene pubblicato su internet in Cina, è altamente improbabile che vengano permesso giochi con contenuti generati dagli utenti. 

Sebbene gli interrogativi siano ancora numerosi, è innegabile come il metaverso – sia in occidente che in Cina – sia ormai più che una suggestione e che, di conseguenza, i vincitori di questa nuova sfida saranno sicuramente le società, i creatori di contenuti e gli sviluppatori di software e applicazioni che decideranno di investire e di tutelarsi in un ecosistema digitale che, come già affermato in precedenza, rappresenta una fonte pressoché inesauribile di pubblicità e visibilità prima ancora che di guadagni diretti ed immediatamente percettibili.

 

 

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