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22 marzo 2021

Diritto del Lavoro e delle Relazioni Industriali

Divieto di licenziamento per Covid per i dirigenti

Con ordinanza dell'11 febbraio 2021, il Tribunale di Roma ha dichiarato la nullità del licenziamento individuale intimato ad un dirigente per soppressione della posizione da lui ricoperta, motivata da un calo delle attività aziendali provocato dalla pandemia.

La nullità, secondo la motivazione, troverebbe fondamento nella violazione delle previsioni di cui all'articolo 46 del Decreto Legge "Cura Italia" (Dl 18/2020), che, come noto, ha introdotto la sospensione delle procedure di licenziamento e il divieto, in capo al datore di lavoro di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'articolo 3 della L. 604/1966.

Nell'accogliere la domanda, il Tribunale ritiene applicabile anche ai dirigenti il blocco dei licenziamenti "economici" individuali, condannando la società alla reintegra del dirigente nel luogo di lavoro ai sensi dell'articolo 18, comma 1, Stat. Lav..

La motivazione si fonda, in prima battuta, sulla ratio della sospensione che, secondo il Tribunale, troverebbe fondamento nel principio di solidarietà sociale e sarebbe finalizzata ad evitare che il danno pandemico si riverberi esclusivamente sui lavoratori. Tale esigenza è stata ritenuta comune anche ai dirigenti, la cui esclusione - sostiene il Tribunale - porrebbe un problema di irragionevolezza in contrasto con l'articolo 3 Cost. che, come noto, sancisce il principio di uguaglianza.

Da un lato, il Tribunale evidenzia una discrasia nel sistema di tutele accordate ai dirigenti per i quali il divieto di licenziamento opererebbe solo in caso di licenziamenti collettivi (in quanto la procedura viene sospesa per tutti, anche per i dirigenti) e non anche in caso di licenziamento individuale; dall'altro lato, l'art. 3 della L. 604/1966 delimiterebbe non l'ambito soggettivo di applicazione del divieto di licenziamento, ma identificherebbe la natura della ragione del licenziamento (giustificato motivo oggettivo o giustificatezza oggettiva per il dirigente).

L'ordinanza in questione avanza nel solco già tracciato dal messaggio INPS del 26 novembre 2020 n. 4464, nel quale si afferma che "anche il personale dirigente, eventualmente aderente agli accordi firmati dalle aziende per i trattamenti di integrazione salariale riconducibile all'emergenza da COVID-19", può accedere all'indennità di disoccupazione NASpI".

Tuttavia tale conclusione è in contrasto con l'interpretazione maggiormente condivisa in dottrina, a sostegno dell'esclusione della categoria dei dirigenti dall'ambito di applicazione dell'art. 46 Dl 18/2020.

Secondo tale orientamento, innanzitutto la categoria dei dirigenti non è espressamente richiamata dalle norme di legge varate dal legislatore per l'emergenza Covid-19; in secondo luogo, i dirigenti risulterebbero esclusi dal blocco dei licenziamenti anche sulla base dell'estraneità di tali figure apicali all'ambito di applicazione della L. 604/1966 per espressa previsione dell'articolo 10 della medesima legge.

Infatti, come noto, i dirigenti beneficiano di una tutela di matrice esclusivamente convenzionale, contenuta nei contratti collettivi di categoria dei diversi settori, i quali subordinano il licenziamento al rispetto del requisito causale di "giustificatezza" ed al principio generale di libera recedibilità dal rapporto di lavoro, alla sola condizione che il recesso non sia meramente arbitrario.

Da questo punto di vista, risulta quindi non condivisibile l'equiparazione della nozione di "giustificatezza" di matrice contrattuale al concetto di "giustificato motivo oggettivo" di matrice legislativa, su cui si fonda l'ordinanza del Tribunale di Roma e ciò in quanto è pacifico, secondo la giurisprudenza di legittimità, che il rapporto di lavoro del dirigente non è assoggettato alle norme limitative dei licenziamenti individuali di cui all'art. 3 L. n. 604 del 1966 e che la nozione di "giustificatezza" posta dalla contrattazione collettiva al fine della legittimità del licenziamento non coincide con quella di giustificato motivo di licenziamento contemplata da tale norma.

Un secondo ed ulteriore rilievo critico si può ravvisare sotto il profilo della compatibilità della norma emergenziale con i principi sanciti dalla Carta costituzionale.

A tal riguardo, l'ordinanza sembra accordare un'eccessiva difesa al principio generale dell'uguaglianza davanti alla legge (art. 3 Cost.), posto che la normativa emergenziale è finalizzata a tutelare le categorie più vulnerabili di fronte alla crisi e non quelle di rilievo strategico in azienda, come i dirigenti, che, è bene ribadirlo, rappresentano l'alter ego dell'imprenditore.

Ad ogni modo, verosimilmente l'ordinanza in oggetto ha già aperto un varco nella revisione della lettura interpretativa del dettato normativo pensato dal legislatore per l'emergenza pandemica in corso, che deve portare le aziende e i responsabili delle risorse umane ad adottare ogni opportuna cautela in merito.

Paola Polliani - Partner
Diritto del lavoro e delle Relazioni Industriali
paola.polliani@franzosi.com